Addio alle vecchie province
Ogni
parte politica esulta ipocritamente per l'abolizione delle province. Su di esse
aveva fato cadere le colpe dei costi eccessivi della politica anche per
fronteggiare l'indignazione popolare per gli sprechi. Alcune - quelle con
centri più abitati, 15 in tutta Italia - saranno sostituite dalle città
metropolitane, le altre dalle non ben definite aree vaste. Il nuovo assetto
amministrativo, che sostituirà quello che ha gestito i territori fino a ieri,
ci lascia forti elementi di preoccupazione sostanzialmente per due ordini di
ragioni.
In primo luogo perché insinua l'idea che ci siano territori di serie A con
maggiori diritti e territori di serie B che devono seguire a catena i primi.
Ciò avviene in due ordini di livelli di disuguaglianza. Il primo è quello delle
aree metropolitane sul resto dei territori. Risulta incomprensibile per quale
imperscrutabile ragione alcuni territori debbano avere il privilegio - ammesso
e non concesso che di effettivo privilegio si tratti - di essere parte di
suddivisioni amministrative privilegiate - le aree metropolitane appunto - e
altri no. Il secondo si dispiega completamente all'interno delle aree
metropolitane: la città metropolitana viene posta su un gradino più alto
rispetto a tutti gli altri comuni. A quale titolo infatti il suo sindaco è
automaticamente il presidente dell'area metropolitana?
In secondo luogo le nuove cariche istituite (consiglio, conferenza, sindaco
metropolitano, etc.) non saranno più elette dalla cittadinanza come i vecchi
consigli provinciali e il potere diventerà dunque sempre più inattingibile ed
incontrollabile da parte del popolo lavoratore e sovrano.
Così dall'uguaglianza formale tra i territori invece di approdare a quella
sostanziale si passa alla disuguaglianza e alla discriminazione sancita de iure
e dall'elezione diretta dei rappresentanti - e chi scrive non crede certamente
nella democrazia rappresentativa borghese - si passa a nuovi meccanismi che
sottopongono i gestori dei nuovi enti non al giudizio dei lavoratori bensì dei
poteri forti. Ma non ci sarà neppure il risparmio ventilato dai propugnatori
della riforma: con le città metropolitane non ci sarà da stupirsi se gli
sprechi aumenteranno giacché aumenterà la confusione istituzionale.
In definitiva quello della liquidazione delle province non è altro che fumo
negli occhi. Si è deciso di scegliere il capro espiatorio più debole da
abbattere di cui però sono state abbattute le potenzialità democratiche e non
gli sprechi. In sostanza le province permangono con nomi diversi, con gli
stessi costi e con un deficit democratico enorme.
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